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sabato 28 settembre 2013

Omer Meir Wellber torna sul podio del Teatro Massimo

Riprende la Stagione concertistica 2013 del Teatro Massimo di Palermo con uno dei più attesi direttori dell'anno, l'israeliano Omer Meir Wellber, già apprezzato a Palermo nella Stagione 2011 e 2012. Ospite al suo fianco un altro straordinario talento dei nostri giorni, il pianista Alexander Melnikov.

Omer Meir Wellber
Il programma è dedicato a due compositori russi, Sergej Prokof'ev e Petr Il’ič Čajkovskij. Del primo si eseguiranno le giovanili Due liriche per coro femminile e orchestra op. 7 mentre di Čajkovskij due pagine famosissime il Concerto n. 1 in Si bemolle minore op. 23 per pianoforte e orchestra e, nella seconda parte, la Sinfonia n. 6 in Si minore op. 74 “Patetica”. Il coro femminile del Teatro Massimo impegnato nella pagina di Prokof'ev è diretto da Piero Monti.

Memore di melodie popolari e lontana dal modernismo della maturità, l'opus 7 di Prokof'ev fu eseguita per la prima volta nel 1910. I due testi (“Il cigno bianco” e “L'onda”) sono su versi di Konstantin Bal'mont, celebre poeta simbolista russo, intonati da un coro femminile.

Fra le più celebri composizioni di Cajkovskij, il primo concerto per pianoforte op. 23 e la Sinfonia n. 6 op. 74 “Patetica” rappresentano una caratteristica profonda della scrittura del compositore russo: il virtuosismo intriso di malinconia.

Dopo il debutto a Mosca nel 1875, il Concerto n. 1 fu accolto in maniera non entusiastica. La sua fortuna arrivò quindi nel nuovo secolo, grazie a interpreti magistrali, alla diffusione discografica e all'utilizzo cinematografico e pubblicitario di alcuni temi, assurgendo, tra Occidente e Unione Sovietica, a simbolo ora della Guerra Fredda, ora dei ripetuti tentativi di “disgelo”.

L'ultima Sinfonia di Čajkovskij, la n. 6 “Patetica”, è da molti considerata il suo testamento e si caratterizza per la grande scolpitura delle melodie, la costante e struggente malinconia dei toni (per molti versi autobiografica), alcune novità formali fra cui l'ultimo movimento, un “Adagio lamentoso” al posto del consueto finale brillante. In un documento dello stesso Čajkovskij apparso postumo si legge: “il motivo sotterraneo è la vita, con la sua antitesi: il primo movimento è soltanto passione, fiducia, slancio vitale; il secondo movimento raffigura l’amore; il terzo la fine delle illusioni per l’incalzare minaccioso delle forze del male; il quarto è la morte, cioè l’annientamento della Vita”.

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