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giovedì 24 marzo 2011

Torna in scena a Catania il teatro di Ercole Patti

Quando la vita è più ingombrante della morte. È questo il grottesco paradosso su cui Ercole Patti fonda “L’avventura di Ernesto”, che il Teatro Stabile di Catania propone in una nuova produzione, in programmazione alla Sala Verga fino al 10 aprile. Blasonato il team degli allestitori: Giovanni Anfuso firma la regia, Alessandro Chiti le scene, Silvia Polidori i costumi, Nello Toscano le musiche, Silvana Lo Giudice le coreografie e Franco Buzzanca le luci. Sul palcoscenico Sebastiano Tringali, Mariella Lo Giudice, Miko Magistro, Fulvio D'Angelo, insieme a Rosario Minardi, Olivia Spigarelli e Giorgia D’Urso.

Una scena dello spettacolo
Rivive così un testo che “nasce” più di quarant'anni fa all’interno dello Stabile etneo: a commissionarlo allo scrittore catanese è stato infatti nel 1969 uno dei padri fondatori dello storico teatro, il direttore Mario Giusti, che chiese a Patti di adattare per la scena il racconto "La straordinaria avventura di Ernesto" per l'edizione del 1971 che vide Turi Ferro nel ruolo del titolo, affiancato da un cast d'eccezione che comprendeva Fioretta Mari, Michele Abruzzo e Franca Manetti.

"L’arte di Patti - spiega il regista - è meravigliosamente inquieta, ricca di languori e sensualità, quindi dionisiaca e, in quanto tale, simbolica e materica ad un tempo; perciò il suo confine naturale ed inesorabile è rappresentato dalla morte".

In un contesto di comprensibile stupore e reazioni basite, prende le mosse la surreale storia di un intellettuale, morto da quasi vent'anni, che ritorna in vita grazie ad un esperimento medico. Dinnanzi allo sconvolgimento emotivo di parenti e conoscenti, si rende conto che alla fine l’unico approdo possibile è sempre e solo la morte, colta, questa, nelle esilaranti forme del lento decadimento fisico, implacabile nell'incessante suo procedere. All’interno di queste coordinate si inquadra la vittoria del tempo, che con il suo scorrere inesorabile segna dei solchi indelebili, tanto per gli uomini quanto per le donne, poiché passa per tutti, anche per chi non c’è più.

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